Certo! Investiremo nella ricerca!

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Mano[FA]
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Certo! Investiremo nella ricerca!

Post by Mano[FA] » 16/10/2008 11:34

Una delle cose che mi ha sempre colpito e' che TUTTI (cittadini e politici, di destra e di sinistra, ricchi e poveri) sanno che bisogna investire in ricerca, che lo sviluppo tecnologico e' alla base dalla ricchezza degli Stati moderni e che non ni e' sviluppo tecnologico se non si fa ricerca, non si fornscono ai propri cittadini le conoscenze, capacita' e strumenti per avere nuove idee.

Eppure la ricerca, in Italia, rimane una spesa da tagliare, soldi sparsi al vento, qualcosa che "bisogna" fare perche' altrimenti sembriamo (sembriamo?) terzo mondo.

vi allego uno degli editoriali di Nature di oggi. Vi consiglio di leggerlo. Per chi non ha tempo o non sa l'Inglese i punti principali sono i seguenti:

- una legge decretera' il licenziamento di circa 2000 ricercatori, alcuni dei quali gia' assunti con contratto a tempo indeterminato.
- Alcuni tagli sono stati gia' fatti e altri sono previsti dai rettori delle universita'.
- I fondi per universita' e ricerca potrebbero essere usati per "risolvere" i problemi delle banche :look:
- Mariastella Gelmini, ad eccezione di interventi sulla scuola secondaria, e' stata pressoche' silente sulla questione ricerca lasciando che altri ministeri prendessero decisioni a riguardo
- Brunetta e' uscito con la battuta del secolo dicendo che i ricercatori sono un po' come i "capitani di ventura" e che dar loro un posto fisso sarebbe un po' ucciderli (??)
- L'Italia ha firmato nel 2000 il trattato di Lisbona in cui gli stati membri si impegnano a investire il 3% del PiL in ricerca. Al momento siamo al 1.1%, meno della meta' di quanto paesi come Francia e Germania stiano gia' facendo ora.
- Il consiglio e' di non pensare al passato (facendo striracchiati paragoni con il rinascimento) ma di guardare a cosa fanno gli altri Paesi europei.

Adesso, non so se sono io, che, lavorando nella ricerca, sento tutti attorno a me essere d'accordo sull'importanza di investire in ricerca. Non so se e' l'approcio comune dire una cosa ma farne un'altra, ma presto l'Italia si trovera' a fare concorrenza con la CIna per il costo della manodopera.

Cut-throat savings

In an attempt to boost its struggling economy, Italy's government is focusing on easy, but unwise, targets.

It is a dark and angry time for scientists in Italy, faced as they are with a government acting out its own peculiar cost-cutting philosophy. Last week, tens of thousands of researchers took to the streets to register their opposition to a proposed bill designed to control civil-service spending (see page 840). If passed, as expected, the bill would dispose of nearly 2,000 temporary research staff, who are the backbone of the country's grossly understaffed research institutions — and about half of whom had already been selected for permanent jobs.

Even as the scientists were marching, Silvio Berlusconi's centre-right government, which took office in May, decreed that the budgets of both universities and research could be used as funds to shore up Italy's banks and credit institutes. This is not the first time that Berlusconi has targeted universities. In August, he signed a decree that cut university budgets by 10% and allowed only one in five of any vacant academic positions to be filled. It also allowed universities to convert into private foundations to bring in additional income. Given the current climate, university rectors believe that the latter step will be used to justify further budget cuts, and that it will eventually compel them to drop courses that have little commercial value, such as the classics, or even basic sciences. As that bombshell hit at the beginning of the summer holidays, the implications have only just been fully recognized — too late, as the decree is now being transformed into law.

Meanwhile, the government's minister for education, universities and research, Mariastella Gelmini, has remained silent on all issues related to her ministry except secondary schools, and has allowed major and destructive governmental decisions to be carried through without raising objection. She has refused to meet with scientists and academics to hear their concerns, or explain to them the policies that seem to require their sacrifice. And she has failed to delegate an undersecretary to handle these issues in her place.

Scientific organizations affected by the civil-service bill have instead been received by the bill's designer, Renato Brunetta, minister of public administration and innovation. Brunetta maintains that little can be done to stop or change the bill — even though it is still being discussed in committees, and has yet to be voted on by both chambers. In a newspaper interview, Brunetta also likened researchers to capitani di ventura, or Renaissance mercenary adventurers, saying that to give them permanent jobs would be "a little like killing them". This misrepresents an issue that researchers have explained to him — that any country's scientific base requires a healthy ratio of permanent to temporary staff, with the latter (such as postdocs) circulating between solid, well equipped, permanent research labs. In Italy, scientists tried to tell Brunetta, this ratio has become very unhealthy.

The Berlusconi government may feel that draconian budget measures are necessary, but its attacks on Italy's research base are unwise and short-sighted. The government has treated research as just another expense to be cut, when in fact it is better seen as an investment in building a twenty-first-century knowledge economy. Indeed, Italy has already embraced this concept by signing up to the European Union's 2000 Lisbon agenda, in which member states pledged to raise their research and development (R&D) budgets to 3% of their gross domestic product. Italy, a G8 country, has one of the lowest R&D expenditures in that group — at barely 1.1%, less than half that of comparable countries such as France and Germany.

The government needs to consider more than short-term gains brought about through a system of decrees made easy by compliant ministers. If it wants to prepare a realistic future for Italy, as it should, it should not idly reference the distant past, but understand how research works in Europe in the present.

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Post by CuginoIt » 16/10/2008 12:30

A questo aggiungerei altri punti essenziali. Nella legge Brunetta e' previsto che possa essere assunta a tempo indeterminato una persona ogni 5 licenziamenti. Questo si aggiunge ad una drastica riduzione (si parla di circa il 20% in 5 anni) del fondo ordinario destinato alle universita' italiane (attualmente ammonta a circa 7 miliardi di euro... non molto di piu' delle cifre che sta spendendo lo stato per Alitalia). Questi due elementi, sommati, portano di fatto ad una drastica riduzione del personale a disposizione delle universita'. Numerosi corsi di laurea (e probabilmente intere universita') saranno costretti a chiudere...

Le cose non vanno certo meglio nelle scuole, a partire dalle elementari, dove il taglio del budget si accompagna alla reintroduzione del maestro unico. Personalemnte la ritengo una scelta che ci fa regredire tantissimo nell'educazione primaria del nostro paese.

Vi sono diversi effetti di questi tagli: alcuni immediati e altri molto a lunga durata.

Fra gli effetti immediati vorrei farvi notare che di fatto si tagliano gli stipendi e i posti di lavoro, per esempio, a molti dei laboratori che devono vigilare sulla sanita' pubblica. Per esempio sulla qualita' dei prodotti importati magari dalla Cina o da altri paesi che hanno politiche di controlli alimentari non sufficienti. Allo stesso modo si interrompe lo sviluppo dei vaccini per l'influenza e cose simili...

Sulla lunga durata un paese con meno ingenieri, meno matematici e meno persone in grado di insegnare ha ripercussioni tremende, a mio avviso, sulle generazioni future.

Vi suggerisco, se vi capita, di leggere gli articoli di un noto giornale comunista quale il sole 24 ore a riguardo:

http://baldazen.blogspot.com/2008/10/il ... cerca.html

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Post by Canard Favrille » 16/10/2008 19:00

Penso proprio che invece il modello di riferimento sia il Rinascimento.
Con un analisi superficiale cosa otteniamo ?

Abbiamo il Principe (chissa chi é ?! :look: ), i mecenati ( :look: ) e i "capitani di ventura".
Bell'esempio il Rinascimento, il periodo della Rinascita ( veniva chiamato così all'epoca ), delle grandi opere e dei grandi pensatori e uomini d'arte.
Del Rinascimento nessuno sottolinea i drammi quitidiani, la gente morta di fame, di peste o per le varie guerre Principesche (indovinate quale ? ). Non meno si ricorda che dal Rinascimento si é passato al periodo Barocco ; in campo politico invece si é passati dai Principati alle Monarchie Assolute o peggio ancora alla sottomissione straniera ( i Principi Italiani messi a 90° davanti a Spagna, Francia e poi più in là Austria )
Sempre del Rinascimento vogliamo ricordare le guerre religiose ? :look:
Nel Rinascimento troviamo anche i "furbetti del quartierino", gente come i Medici, i Gonzaga, gli Sforza e tante altre famiglie meno nobili ma ugualemente lecca culo.
Al termine del Rinascimento, l'Italia non era una nazione, ma terra di conquista.
Tutto questo mio pensiero da dove nasce? dal fatto che all' Università studio un pò di storia , dell'architettura badate bene, ma quasi sempre si sborda verso la storia più generale e gli spunti per riflettere son sempre tanti ( anni 80, liberalizzazioni, = medioevo :laugh: )

Fa bene Nature a chiosare l'articolo in quel modo, ma chi é al Governo vuole fare il Principe.
Ci toccherà fare i capitani di ventura, all'estero ! ( Leonardo docet )

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Post by Lysor_o.O » 16/10/2008 23:24

In questi casi mi vengono in mente due cose:
1) Trovare soldi da spendere OGGI per vederne i frutti DOMANI (o forse dopodomani) è difficile, specialmente quando si ha un governo fatto di pagliacci, quindi è meglio spendere OGGI dei soldi per coprire i danni di IERI.
2) Un popolo di ignoranti è più facile da controllare (come ben sa Sua Emittenza): piccolo regalino personale ai suoi eredi politici?
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Post by Trollollo » 21/10/2008 23:43

Piccola nota a margine visto che si e' trattato delle scuole. Qualke giorno fa scnedo a fare colazione e mio padre che stava sfogliando il corriere legge un titolo che diceva più o meno che con questo possibile futuro alle porte le famiglie decidono di puntare sulle scuole private commentandolo con un bel "hanno raggiunto il loro obiettivo".

Ora ... al di la di discussioni di chi ha governato male e chi bene e blablabla mi apre di ricordare che la precedente legislatura di destra aveva anke aumentato i finanziamenti alle scuole private e ora (di proposito o no non lo so) fanno delle riforme che spingono i genitori a mandare i figli alle scuole private anzichè alle pubbliche. Ma vi pare una cosa corretta?

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Post by Mano[FA] » 22/10/2008 11:04

Trollollo wrote: Ma vi pare una cosa corretta?
Siamo in una democrazia. Il pensiero sulle scuole pubbliche/private del leader della maggioranza e' sempre stato abbastanza chiaro e sincero, la sua ammirazione per il sistema (sanitario ed educativo) americano pure, che voglia smantellare questo sistema in cui anche le masse e i poveri hanno diritto a diventar intelligenti con i soldi "di tutti" mi e' sempre sembrato abbastanza lampante. Hanno la maggioranza, cercano di portare a termine il loro obiettivo. Prevedo effetti ancor piu' disastrosi al Sud. Se il modo per fermare la malavita e' proprio l'istruzione, la sua privatizzazione vuol dire benzina sul fuoco.

Ieri sono andato a vedere "La fattoria degli animali" a teatro. Avevo letto il libro (che vi consiglio altamente). Una cosa agghiacciante e' quanto le idee chiaramente a favore dei maiali (i politici) venissero messe ai voti e gli animali, stupidi, che dicevano "d'accordo" (con Boxer che ripeteva "Napoleone ha sempre ragione!"). Fino a che e' stato troppo tardi.
Il sistema sanitario ed educativo statunutense non e' proprio cio' che auguro ad un paese civile.

Tornando on topic, faccio notare che educazione e ricerca sono indipendenti. Per tenere l'America come esempio, investe pochissimo in educazione "delle masse" (le scuole pubbliche hanno pochi fondi e gli insegnanti bravi lavorano nelle costose scuole private), ma investono MOLTO in ricerca. Forse mi sbaglio, ma non mi sembra che coloro che ora sono al governo in campagna elettorale abbiano fatto capire che avrebbero tagliato i soldi alla ricerca e licenziato i ricercatori assunti. Quelle poche volte che veniva loro chiesto ripsondevano, piu' o meno "Certo! Investiremo nella ricerca!".

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Post by Lysor_o.O » 22/10/2008 21:03

Mano[FA] wrote:Forse mi sbaglio, ma non mi sembra che coloro che ora sono al governo in campagna elettorale abbiano fatto capire che avrebbero tagliato i soldi alla ricerca e licenziato i ricercatori assunti. Quelle poche volte che veniva loro chiesto ripsondevano, piu' o meno "Certo! Investiremo nella ricerca!".
Se è per quello, la Gelmini ha commentato le manifestazioni e proteste di qualche giorno fa dicendo "Protestano perché sono male informati".
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Post by Lysor_o.O » 29/10/2008 01:33

Riporto un pezzo tratto dal blog di Beppe Grillo (http://www.beppegrillo.it), pubblicato il 22 ottobre.
Il nome di Piero Calamandrei, forse, non dirà molto agli studenti che protestano contro settantenni incartapecoriti che gli hanno rubato il presente e gli vogliono togliere la speranza di un futuro.
Il suo nome, forse, non avrà significato per i ragazzi e le ragazze che vedono al vertice delle istituzioni, dell'economia, dell'informazione del loro Paese dei pregiudicati, dei servi, dei lacchè.
Calamandrei, forse, non dirà nulla alla nostra gioventù che vede la Costituzione tradita dal Parlamento, migliaia di caduti sul lavoro ogni anno, milioni di precari e il padre, o la madre, licenziati.
Calamandrei fu professore durante il fascismo, uno dei pochi a non avere nè chiedere mai la tessera del partito. Fondò il Partito d'Azione e fu membro della Consulta. La stessa che oggi è merce di scambio tra lo psiconano e Topo Gigio. Nel 1950 fece un discorso sulla Scuola, parole che sembrano dette oggi per la Scuola della P2

L'ipotesi di Calamandrei.
"Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura.
Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica,intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di previlegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole , perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi,come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili,si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola previlegiata.
Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico." Piero Calamandrei
Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma l’11 febbraio 1950
Direi che si commenta da solo.
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Post by Morticia_o.O » 29/10/2008 14:49

L'avevo già letto. Scioccante!

Forse non possiamo far poi molto per modificare il piano del governo, però provare non costa niente! Non abbassiamo la testa e urliamo che così non ci va.
Domani penso siano previste manifestazioni in tutta Italia, io sarò a Milano. è l'unica arma che abbiamo!

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Post by Mano[FA] » 30/10/2008 11:19

Oggi su Nature.

http://www.nature.com/news/2008/081029/ ... 1163d.html
Nature wrote: The Swedish government has announced a record investment in basic research, much of which will be directed to fields such as stem cells, climate modelling and nanotechnology.
Introduced on 23 October, the bill provides almost 15 billion Swedish krona (US$1.9 billion) for research and innovation between 2009 and 2012. Sweden currently spends 25 billion krona a year on research; that figure is expected to rise by 20% by 2012.
Most of the new funds will be distributed to universities through a merit-based system. Gunnar Öquist, head of the Royal Swedish Academy of Sciences in Stockholm, says that although the initiative would reverse years of declining research budgets, he worries that its narrow focus could stifle creativity.
che tradotto suona piu' o meno cosi':
Il governo svedese ha anuunciato un investimento record in ricerca di base, gran parte del quale sara' in campi quali cellule staminali, modelli climatici e nanotecnologie.
Introdotto il 23 Ottobre, la legge destina quasi 15 miliardi di corone svedesi (1,9 miliardi di dollari) per ricerca e innovazione, tra il 2009 e il 2012. La Svezia al momento spende 25 miliardi di corone all'anno in ricerca. Questi numeri sono destinati a salire del 20% entro il 2012.
La maggior parte dei nuovi fondi sara' distribuita alle universita' attraverso un sistema meritocratico. Gunnar Öquist, a capo della "Royal Swedish Academy of Sciences" a Stoccolma, afferma che, sebbene l'iniziativa invertirebbe la contrazione degli investimenti in ricerca degli ultimi anni, vi e' preoccupazione che il ristretto ambito degli investimenti limitera' la creativita'.

Chissa' se fiorira' di piu' l'economia Svedese o quella italiana in cui i fondi alla ricerca vengono tagliati per sostenere le banche. Chissa' quale Paese riuscira' ad attirare ricercatori da tutti il mondo e magari far rimpatriare i propri cinnazionali che hanno fatto esperienza e imparato all'estero?

L'altro giorno stavo prendendo un caffe', e sui tavolini c'era una rivista con la foto di Mussol... ehm Berlusconi. La rivista (in inglese) aveva un articolo sulla malgestione dei soldi nella (scarsa) ricerca italiana con una bella foto di copertina in cui un uomo con la giacca passa, dietro la schiena, una mazzetta di euro ad una persona con il camice.

Giusto per dare un po' di contesto alla situazione e sentire il parere di chi e' un po' "fuori" dalla bagarre destra/sinistra che rende difficile capire cosa sia davvero grave e cosa siano le lamentele dell'opposizione.

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Post by Mano[FA] » 13/11/2008 13:22

scusate lo scarso preavviso.

oggi alle 14.00 e' stato organizzato un netstrike (http://www.autistici.org/133strike/index2.html) contro il sito del miur per protestare contro i tagli agli investimenti in ricerca che stanno mettendo in atto.

un po' di lettere all'editore comparse su Nature che riguardano la situazione italiana
natureLetters.zip
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. In inglese ma brevi. A volte ci sono piu' articoli per pagina, cercate quelli che parlano dell'Italia

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Post by Lysor_o.O » 14/11/2008 02:03

Non condivido minimamente. Hai presente quando un paio di settimane fa si parlava dei provocatori mandati dal governo per causare scontri, in modo da poter poi far circolare la voce che le proteste erano opera di delinquenti e quindi a maggior ragione da ignorare? Ecco, mi sembra che qui andiamo nella stessa direzione.

L'ho letto troppo tardi, ma in ogni caso non l'avrei fatto.
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Post by CuginoIt » 14/11/2008 22:54

No, io penso che un netstrike non possa essere paragonato ai fascisti in piazza con le spranghe. Lo vedo più come un siamo in tanti e manifestiamo il nostro dissenso anche sul vostro sito e non solo davanti ai vostri palazzi.

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Post by Mano[FA] » 28/04/2009 14:48

Mentre in Italia si e' pure smesso di dire che vorremmo investire in ricerca (vi prego, fatemi capire che sbaglio!), in America Obama dichiara che investira' il 3% del PIL in ricerca.

Traducendo aluni di passaggi piu' significativi:
"I believe it is not in our character, American character, to follow -- but to lead. And it is time for us to lead once again. I am here today to set this goal: we will devote more than 3 percent of our gross domestic product to research and development,"
Credo non sia nel nostro carattere, il carattere americano, seguire, ma condurre. Ed e' nuovamente il tempo di condurre. Oggi sono qui per fissare un obiettivo: dedicheremo piu' del 3% del PIL alla ricerca e sviluppo
e ancora
"The commitment I am making today will fuel our success for another 50 years. This work begins with an historic commitment to basic science and applied research."
L'impegno che prendo quest'oggi sara' il carburante del nostro successo nei prossimi 50 anni. Questo lavoro inizia con un impegno storico nella scienza di base e ricerca applicata.
Ieri ho provato a capire quanto investa l'Italia. Circa 1% del PIL con la media europea attorno al 2%

Interessante notare che l'inghilterra teme la "fuga dei cervelli", (lo so, sembra una barzelletta) e quindi seguira' con investimenti simili per non trovarsi, finita la crisi, con le persone che hanno le conoscenze e capacita' di creare innovazione e progresso dall'altra parte dell'oceano.

In Italia i ricercatori sono visti come lavativi scalzafatiche mantenuti dallo Stato, nei quali e' meglio investire il meno possibile (vi prego, fatemi capire che sbaglio!)

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Post by Mano[FA] » 04/08/2009 12:43

Editoriale di Nature Cell Biology

Umilmente traduco il primo paragrafo (se potete, leggete l'originale)
Attrarre le donne

La maggior parte delle economie basate sulla conoscenza prevedono carenze di forza lavoro altamente qualificata. Una forte cultura accademica e' al centro di tali economie, e coloro che attraggono le menti migliori avranno un vantaggio competitivo. Gli Stati Uniti sono riusciti particolarmente bene a riempire i propri centri di ricerca con scienziati stranieri, ma, come altri Paesi, sta ancora perdendo una buona parte dei propri talenti, sia in termini di ricercatori donne sia di ricercatori non bianchi. Invertire questa perdita di cervelli e' essenziale, non solo per raggiungere parità di sesso e razza, ma per sostenere la produttività, dal momento che ricercatori migliori emergerebbero da un piu' ampio bacino di potenziali candidati e, con ogni probabilità, una facoltà con un numero paritario di uomini e donne incoraggerebbe una cultura collaborativa
Interessante l'approccio pragmatico alla questione. Gli Stati Uniti "perdono" potenziali lavoratori altamente qualificati che darebbero al Paese un ulteriore vantaggio competitivo. Come risolvere la questione?
L'articolo prosegue con analisi e possibili suggerimenti per fermare "l'emorragia".

Il resto del mondo, e l'Italia piu' degli altri Paesi europei, ha un interesse pressoche' nullo nelle persone che potrebbero fornire un vantaggio competitivo. Non attrae dall'estero, non si preoccupa di dare la possibilita' ai propri cittadini di eccellere (uomini o donne), perde con ogni probabilita' buona parte dei migliori (attratti, appunto, altrove) e non si preoccupa di agevolare il rientro di coloro che, fatta l'esperienza all'estero, vorrebbero tornare per ragioni personali.

L'articolo e' scritto da uno scienziato, quindi magari "di parte", ma credo che rappresenti l'approccio che, all'estero, vi e' verso la ricerca. E non solo tra i politici, ma nella popolazione in genere.

Ritengo il problema sia complicato e difficile da risolvere, credo anche sia molto "culturale". In Italia difficilmente viene apprezzato chi ha avuto un percorso accademico nel "mondo del lavoro". Se dopo la laurea hai continuato a stare in universita', sei un lazzarone, non ti vogliamo. A me hanno detto piu' volte che, per assurdo, un ulteriore titolo, il dottorato, mi avrebbe reso MENO competitivo. E non per tanto o non solo questioni legali.

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