Eutanasia.

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Maloghigno
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Eutanasia.

Post by Maloghigno » 26/09/2006 14:46

E' un tema difficile, lo so.
Non sono scaramantico, so bene che la vita finisce con la morte e che vivendo ogni tanto si soffre o ci si ammala.
Quindi se c'é qualcuno scaramantico che evita discorsi del genere toccandosi sotto la vita sappia sin da ora che questo topic non fa per lui, ammesso che non voglia compromettere la sua fertilità stringendosi freneticamente per 5 minuti.

Non fa mai piacere parlare di morte e sofferenza, evitare il discorso é il nostro modo di esorcizzarlo, negarlo, pensare "tanto a me non capiterà mai"... o é il nostro modo di evitarlo e basta, perché fa male anche solo pensarci.
Però é proprio questo continuo fuggire da "sani" che poi ci fa crollare da "malati", se non si é abituati ad affrontare un problema é impossibile essere preparati quando ci sfiora, ci é vicino o, peggio, ci tocca.
Una collega con la nonna malata di cancro mi raccontava di aver sentito di una statistica secondo la quale sono frequentissime le donne malate di cancro che si trovano sole, "perché l'uomo quando scopre sua moglie malata l'abbandona". Mi ha confermato di aver sentito questa affermazione formulata proprio in questo modo da un medico oncologo. Non so se sia vera o no, ma penso sia verosimile. Nel mondo della famiglia perfetta del Mulino Bianco, nel mondo del "son figo se son ricco", nel mondo di veline e calciatori non c'é posto per uno sfigatissimo malato di cancro che perde i capelli per la chemio, per un vecchietto malato spedito in casa di cura o per un bambino handicappato.
Secondo me "fa bene" parlarne, pensarci, condividere. Ed anche immaginarsi in una situazione difficile, immaginare come reagiremmo. Non é totalmente vero che "bisogna trovarcisi" per sapere come si reagirà, perché vorrebbe dire che non conosciamo noi stessi, che non crediamo in nulla e che siamo già rassegnati ad affidarci alla prima reazione che avremo se mai ci succedesse qualcosa di brutto, qualsiasi essa sia.

Propongo l'argomento affidandomi ad una lettera, ed alla sua risposta (in corsivo), che ho trovato nella rubrica di Vittorio Zucconi su Repubblica.it (link).
Caro direttore,
le scrivo a proposito del dibattito che si è aperto sul tema dell'eutanasia, in seguito allo struggente appello del Sig. Welby, che reclamava il suo diritto ad una morte "dolce". È mai possibile che, in questo paese, tutti i partiti di cosiddetta "ispirazione cristiana" in nome di quello che loro chiamano "rispetto della vita", vogliano entrare nelle vicende private - e spesso drammatiche - dei singoli cittadini, per imporre loro di continuare a soffrire anche quando non c'è più speranza di guarigione? Quando questa fetta di partiti politici si staccherà dalle sottanone del vaticano e la smetterà con queste ipocrisie e queste frasi fatte sulla vita, create ad hoc per raccattare qualche voto di vecchiette devote e smarrite?
Temo che non diventeremo mai un paese civile.

Sul suicidio, perché di questo si tratta, ho le stesse, confuse, contraddittorie idee che ho sull'aborto. Detesto, aborro, l'idea di spegnere una vita, che appartenga a un vecchio malato o a un feto, ma so che aborto e sucidio sono sempre esistiti e sempre esisteranno, dunque "proibirli" è come proibire il sesso o far muovere l'acqua verso l'alto. Esistono momenti nei quali, e parlo per esperienza, la scelta più umana e forse cristiana è sospendere la tortura a un adulto o risparmiare a un feto una vita di sofferenze salvata soltanto per lenire il dolore di altri. Come sa chi ha vissuto queste situazioni, esiste un abisso enorme tra il sapere che qualcuno di caro è "non morto" e sentirlo dichiarare "morto"
Lascio cadere il tema del Vaticano posto nel solito modo ottuso e ignorante, pur pensando che "il Vaticano" dovrebbe effettivamente cambiare modo di porsi perché gli é richiesto di "annunciare", non di "imporre". Ma l'eutanasia e la morte non sono un problema di partiti politici o di pro/contro Vaticano, o almeno non é questo il livello a cui mi piacerebbe affrontare il problema tra di noi. Non penso neanche che il grado di civiltà di un paese si misuri nella sua capacità di dispensare la morte, sia essa sotto forma di pena capitale, aborto, eutanasia o guerra. E non sono neanche d'accordo con la risposta di Zucconi, la frase che gli ho sottolineato potrebbe essere valida anche al contrario: una vita di sofferenze terminata soltanto per lenire il dolore di altri. E spesso é così: fa talmente male A NOI soffrire o accudire chi soffre che pensiamo ad aborto ed eutanasia più per noi stessi che per il sofferente. Ho frequentato per anni una ragazza handicappata, bloccata sulla carrozzina, muta e ritardata, l'ho conosciuta abbastanza bene da essere felice di averla conosciuta e da poter dire senza ombra di dubbio che era felice di vivere e di essere amata dai suoi genitori e da noi suoi amici.
Ecco come la penso: secondo me il segreto per affrontare queste situazioni é racchiuso nella parola "amore". Chi ama o é amato non uccide nè ha voglia di morire. E se qualcuno ribattesse "e se uno é solo?" gli risponderei provocatoriamente che si é appena trovato un servizio di volontariato per il tempo libero.
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Post by France » 26/09/2006 16:21

io credo che deve essere un problema strettamente privato. Dovrebbe essere deciso fra chi dispensa la morte, ovvero il medico, che tutto sommato nessuno puo' obbligare a eseguire una richiesta talmente difficile, e chi vuole effettivamente morire.

Se chi dovrebbe essere ucciso ''dolcemente'' non ha volonta' spetterebbe ai famigliari decidere. Tenere in vita malati che non possono vivere piu' da soli staccati dalle macchine d'ospedale, e che non hanno speranza di cura. Mi sembra una crudelta'. Naturalmente ci puo' sempre essere l'abuso, l'interpretazione sbagliata, ma credo che ogni caso andrebbe deciso a se.

Insomma non una decisione da prendere alla leggera.

Tendenzialmente si dorebbe permettere l'eutanasia per chi decide di volerla e bisognerebbe essere seguita sempre da una equipe medica ed etica.

Alla base del mio pensiero ci sta la liberta' individuale che non dovrebbe mai essere ristretta dallo stato, che invece deve garantire la sicurezza e il benessere ma non imporlo.
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Post by Derek_o.O » 26/09/2006 17:08

Mi sembra di rileggere il canto XIII dell' Inferno di Dante, dove l'intellettuale Piero della Vigna viene spedito all'inferno per essersi suicidato.

Adesso siamo nel 2006, decidere di morire non deve essere un peccato, un torto a Dio. Bisogna poter decidere quando morire.

Io siceramente non vedo il perché di tutte queste discussioni.
Ognuno deve essere libero di fare quello che vuole. Se vuole morire che muoia pure, se vuole rimanere in vita immobile su un letto che rimanga pure in vita.

Personalemente, piuttosto che rimanere paralizzato e costretto a passare il resto della vita su un letto, preferisco morire.
"Costringere" la moglie o un parente a rimanere in ospedale tutto il giorno mi sembra una cosa assurda.

Bah fate poi voi, gg :asd:

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Post by Laomedonte » 26/09/2006 21:36

Il problema dell'eutanasia, messo in rilievo dalla lettera di Sig. Welby, ha scatenato in Italia un grande discussione, proprio perchè questi temi vengono trattati solo quando accade qualcosa del genere per poi essere messi da parte appena c'è qualcosa che sembra più interessante! Certamente su questo tema, si vede il grande scontro tra scienza e religione; premetto, che sono un cattolico e anche se ammetto di non andare sempre in chiesa, ho fede!
L'uomo che desidera la morte più della sua vita, anche se quest'ultima sia condizionata da malattie e altri fattori, vuol dire che quell'uomo non ama la sua vita, non ama lo splendido dono che gli è stato dato, oppure attorno a lui non ci sono persone che riescano a fargli capire di amare la sua vita in qualsiasi stato in cui si trovi!
Ecco come la penso: secondo me il segreto per affrontare queste situazioni é racchiuso nella parola "amore". Chi ama o é amato non uccide nè ha voglia di morire. E se qualcuno ribattesse "e se uno é solo?" gli risponderei provocatoriamente che si é appena trovato un servizio di volontariato per il tempo libero.
Sono pienamente d'accordo con queste parole!

Anch'io conoscevo molto tempo fa un ragazzo handicappato bloccato anch'esso sulla carrozzina e con difficolta nel comunicare, ma bastava gurdarlo negli occhi per vedere la felicità dentro il suo cuore, appena sentiva anche un semplice saluto!

Credo infine, che non sia giusto permettere a una persona di togliersi il bene più prezioso che possa avere, ma si dovrebbe far capire quello che perderebbe facendo un'azione del genere!

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Post by Derek_o.O » 26/09/2006 21:51

Laomedonte wrote:Il problema dell'eutanasia, messo in rilievo dalla
Credo infine, che non sia giusto permettere a una persona di togliersi il bene più prezioso che possa avere, ma si dovrebbe far capire quello che perderebbe facendo un'azione del genere!
é qua che secondo me ti sbagli. Tu chi sei per vietare ad una persona di compiere un'azione?

Se lui vuole smettere di vivere deve essere libero di farlo; la vita é sua e ci fa quello che vuole.

Tu sei un "religioso" e ritieni che la vita é di Dio e deve decidere lui quando toglierla ? Bene, ma tienitela per te e per chi crede a queste cose.
Lascia in pace gli altri e lascia decidere loro cosa é più giusto per se stessi.

Poi cerchiamo di non generalizzare troppo. Un conto é stare su una carrozzina e un conto é stare su un letto immobilizzato ma coscente x il resto della tua vita; c'é differenza.

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Post by Lysor_o.O » 26/09/2006 22:35

FdD_derek_ wrote:
Laomedonte wrote:Il problema dell'eutanasia, messo in rilievo dalla
Credo infine, che non sia giusto permettere a una persona di togliersi il bene più prezioso che possa avere, ma si dovrebbe far capire quello che perderebbe facendo un'azione del genere!
é qua che secondo me ti sbagli. Tu chi sei per vietare ad una persona di compiere un'azione?

Se lui vuole smettere di vivere deve essere libero di farlo; la vita é sua e ci fa quello che vuole.

Tu sei un "religioso" e ritieni che la vita é di Dio e deve decidere lui quando toglierla ? Bene, ma tienitela per te e per chi crede a queste cose.
Lascia in pace gli altri e lascia decidere loro cosa é più giusto per se stessi.

Poi cerchiamo di non generalizzare troppo. Un conto é stare su una carrozzina e un conto é stare su un letto immobilizzato ma coscente x il resto della tua vita; c'é differenza.
Concordo con Derek: ciascuno deve essere libero di scegliere. Non si può imporre ad un altro la propria visione della cosa. Chi è credente può regolarsi come meglio crede, ma non deve imporre agli altri la propria posizione. E ovviamente non deve neanche accadere il contrario: se uno è contro l'eutanasia, in nessun modo deve essere costretto a farlo.

Poi non c'è solo quello che resta in un letto, immobilizzato, e cosciente. Ci sono anche quelli che sono ridotti in stato vegetale. Ricordate Terri Schiavo, l'italoamericana che era tenuta in vita da una macchina da più di 10 anni? L'anno scorso hanno staccato la spina. Dall'autopsia si è visto che in pratica il suo cervello non esisteva più, tanto che il peso era solo la metà di uno normale. A che scopo tenerla in vita? Per un essere umano è vita anche la vita "vegetale"? E poi, non vorrei fare troppo il cinico, ma è un discorso che va fatto: quanto costa allo Stato (almeno da noi in Italia la sanità è pubblica) tenere in vita un vegetale per anni? Ha senso spendere per un vegetale dei soldi che potrebbero essere destinati a chi può beneficiarne davvero?

Poi sarei anche d'accordo col fatto che un sacco di politici si allineano alla posizione della Chiesa solo perché non vogliono perdere voti, e s'è visto anche l'anno scorso al referendum sulla fecondazione assistita, ma va beh, non parliamone.

Resta comunque il fatto che secondo me l'eutanasia dovrebbe, in generale, essere permessa. Non so quanto sarei disposto a ricorrervi, ma almeno come possibilità sono a favore. Il difficile è stabilire chi debba assumersi la responsabilità di certe scelte in certi casi delicati. Ma esistono anche i casi "facili", come quello di Welby, che la richiede in maniera lucida e consapevole, e almeno in questo caso lo si dovrebbe permettere.
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Post by Mano[FA] » 26/09/2006 22:50

solo alcune considerazioni.

:arrow: Non ci sono leggi che proibiscano o attivamente cerchino di rendere impossibile un suicidio
:arrow: Con il consenso informato puoi decidere di non volere la cura ad una malattia che ti ucciderà.

Perchè uno "sfigato" che non ha più le capacità di smettere delle cure o di suicidarsi attivamente non può fare ciò che le persone "normali" possono fare?

Ricordo inoltre che in paesi come l'Olanda eutanasia non vuol dire "uff, so stufo uccidetemi"
vuol dire che un gruppo di medici concordano che un malato è incurabile, e che il malato ripetutamente e consapevolmente chiede che gli sia posta una fine dignitosa. Poi so che ci sono altri aspetti che devono essere verificati affinchè si possa procere con l'eutanasia, ma che ora dimentico.

Questo ovviamente non implica che l'eutanasia diventi prassi obbligatoria (come non lo è il suicidio) ma che ci sia la libertà di scegliere della propria vita. Se credi che la vita non è tua sarà "un altro" a decidere... ma forse farsi intubare per non morire va contro le volontà di "quell'altro". O no?

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Post by Laomedonte » 27/09/2006 07:43

é qua che secondo me ti sbagli. Tu chi sei per vietare ad una persona di compiere un'azione?
Scusatemi, forse mi sono espresso male nel mio primo intervento!Quello che volevo dire era, certamente io penso che sia una cosa sbagliata perchè credo che la "vita" sia una cosa molto importante, ma allo stesso modo questo è solo un mio semplice pensiero e certamente io non sono "nessuno" per decidere se una persona può vivere o no!

Ma proprio come dici tu FdD_derek_
Se lui vuole smettere di vivere deve essere libero di farlo; la vita é sua e ci fa quello che vuole.
Chi sono allora i medici per decidere se una persona deve vivere o meno?Possono certamente dire che quella persona non abbia più un minimo segno di attività celebrale, ma perchè devo essere loro a decidere. Io sono d'accordo con la libertà di scelta, ma se questa viene fatta direttamente dalla persona interessata.
Credo infine, che non sia giusto permettere a una persona di togliersi il bene più prezioso che possa avere, ma si dovrebbe far capire quello che perderebbe facendo un'azione del genere!
Con questa frase volevo dire, che ad una persona prima di decidere, si deve far capire l'azione del suo gesto, tutto qui, ma questo non significa che deve essere una qualche constrizione a non farlo, perchè ripeto non siamo appunto nessuno per decidere la morte degli altri!

Tu sei un "religioso" e ritieni che la vita é di Dio e deve decidere lui quando toglierla ? Bene, ma tienitela per te e per chi crede a queste cose.
Lascia in pace gli altri e lascia decidere loro cosa é più giusto per se stessi.
Io non voglio assolutamente imporre qualcosa a qualcuno, ognuno è libero di decidere e dire quello che vuole!Lo ripeto solo per chiarezza!

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Faramir
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Post by Faramir » 27/09/2006 09:32

Quello dell'eutanasia è un tema estremamente delicato, ma io non sono affatto d'accordo ad aprire il dibattito contrapponendo laici e cattolici: a parere mio, questo, come per altri temi, non è l'approccio giusto! Lo stato dovrebbe sempre ben distinguere tra religione e diritto. Sono convintissimo che sarebbe davvero ora che l'Italia promulgasse una legge che regolamentasse l'eutanasia, perchè, se non ve ne foste accorti, l'eutanasia in Italia viene ampiamente praticata, solo che viene fatta "all'italiana": testamento biologico ed adeguate commissioni bioetiche negli ospedali che si occupano di casi "al limite" sarebbero senza dubbio delle misure che farebbero fare al nostro paese un passo in avanti verso la civiltà.
Parlo di "casi al limite" perchè l'eutanasia riguarderebbe solo quei casi in cui la vita stessa è legata al funzionamento di una macchina e non ha più nulla di naturale, nulla che abbia più molto senso vivere se non si prova altro che dolore ed angoscia o addirittura il nulla. Restituire dignità alla morte senza insistere su un assurdo accanimento terapeutico è secondo me un vero atto di umanità. Concludo dicendo che, anche su questo tema, come per altri temi di natura "etica" vale pur sempre il principio che il fatto che l'eutanasia sia regolamentata NON significa che TUTTI i malati terminali ne usufruiranno MA SOLO CHI NE FARA' ESPRESSAMENTE RICHIESTA IN MODO DIRETTO O INDIRETTO (tramite le persone che meglio conoscevano e che più volevano bene al soggetto) e nonostante ciò sarebbe anche necessario il nulla osta di un'adeguata commissione medico-etica composta da un numero dispari di componenti.

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Post by Lysor_o.O » 27/09/2006 16:39

Vorrei aggiungere una cosa: quando un cavallo si rompe una zampa, e non è più in grado di camminare, piuttosto che lasciarlo in vita e condannarlo ad una sofferenza infinita lo si fa morire. E non per fame o altro: gli si spara. Morte rapida, meno sofferenza.
Quando un gatto o un cane sta malissimo, lo si porta dal veterinario, che lo sopprime con un'iniezione letale. Perché tenerlo in vita non avrebbe senso: sta soffrendo, non può guarire, e allora si pone fine al suo tormento.
Perché con gli uomini non si può fare lo stesso? Cos'è, una questione di affetto e compassione? Guardate che quando si sopprime un animale lo si fa PROPRIO per compassione, e non si può certo dire che il padrone di un cane o gatto non gli sia affezionato! ""Eh, ma un uomo è diverso, pensa e parla..." Sì, e se col suo pensiero e con le sue parole esprime il desiderio di farla finita?

Perché ci viene facile (o quasi) porre fine alle sofferenze di un animale, ma non a quelle di un uomo? Cos'è, dover soffrire fino all'ultimo è il prezzo da pagare per avere l'intelligenza che ci contraddistingue dagli altri animali?
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Post by Faramir » 27/09/2006 17:15

Lysor, pur comprendendo (ed in parte condividendo) il tuo pensiero non posso esimermi dal dirti che l'ultimo tuo post è un pochino forte: non accetto la visione del malato di sclerosi ameotrofica paragonato ad un cavallo azzoppato, mi dispiace :tsk:
Mi sembra un modo superficiale e troppo semplicistico di affrontare un tema cosi' serio e delicato, almeno secondo me. :roll:

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Post by FdD_Leviatano » 28/09/2006 14:34

Alzi la mano, chi di voi, preferirebbe vivere il resto dei suoi giorni, disteso su un letto, come un vegetale, incapace di provare nulla e compiere anche il + semplice dei gesti ...

Credo nessuno lo voglia ! L'eutanasia è un atto di pietà, di amore, di civiltà ...

A tutte le persone che sono contrarie io rivolgo le mie parole ... Chi siete voi, per costringere un essere umano indifeso, a vivere in quelle condizioni pietose, disumane, costringendolo a soffrire giorno dopo giorno ?

Se dovessi un giorno esserci io in quel letto disteso, in coma irreversibile, io vi supplico .. staccate la spina !!

P.S - Fara, mi spiace ma credo che Lysor abbia proprio ragione. Perchè un animale si e un uomo no ? Dio ha forse annunciato che gli animali + intelligenti hanno + diritti. O forse un cavallo soffre meno di un uomo ?

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Post by il bepi » 28/09/2006 14:41

Secondo me è semplicemente una questione personale. Non c'è un giusto o uno sbagliato. Credo sia corretto permettere l'eutanasia a chi la desidera. Non è questione di destra o sinistra, religione o laicità. La scelta deve essere strettamente personale e privata.

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Post by Sky79_o.O » 29/09/2006 19:45

solo alcune considerazioni.

Non ci sono leggi che proibiscano o attivamente cerchino di rendere impossibile un suicidio
Con il consenso informato puoi decidere di non volere la cura ad una malattia che ti ucciderà.

Perchè uno "sfigato" che non ha più le capacità di smettere delle cure o di suicidarsi attivamente non può fare ciò che le persone "normali" possono fare?
Quoto Mano e aggiungo solo una cosa:credo che la libertà personale significhi dar la possibilità a chiunque di vivere la propria vita come meglio gli pare e piace basta che questa libertà non nuocia ad altre persone.
Far della propria vita,esistenza ciò che si vuole significa anche poter decidere quando è ora di dire basta
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Post by Derek_o.O » 29/09/2006 19:51

Sky79_o.O wrote:
Quoto Mano e aggiungo solo una cosa:credo che la libertà personale significhi dar la possibilità a chiunque di vivere la propria vita come meglio gli pare e piace basta che questa libertà non nuocia ad altre persone.
Far della propria vita,esistenza ciò che si vuole significa anche poter decidere quando è ora di dire basta
Esattamente esatto :sisisi:

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Post by Lysor_o.O » 02/10/2006 19:16

Faramir wrote:Lysor, pur comprendendo (ed in parte condividendo) il tuo pensiero non posso esimermi dal dirti che l'ultimo tuo post è un pochino forte: non accetto la visione del malato di sclerosi ameotrofica paragonato ad un cavallo azzoppato, mi dispiace :tsk:
Mi sembra un modo superficiale e troppo semplicistico di affrontare un tema cosi' serio e delicato, almeno secondo me. :roll:
Beh, che il post fosse forte, lo capisco benissimo. Però, vedi, il concetto che ne è alla base, e cioè che la morte in quei casi è da intendere come un qualcosa che mette fine alle sofferenze, secondo me è validissimo.
Io in realtà non so quanto avrei il coraggio di chiedere l'eutanasia su di me. Ma dico che, se uno vuole, è giusto che possa farlo.
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Post by Lysor_o.O » 13/10/2006 15:12

Conoscete Don Verzé? E' il fondatore dell'ospedale S.Raffaele di Milano. Un uomo di religione e di medicina. Beh, ha appena dichiarato che una volta ha fatto staccare la spina per un suo amico!
«Ricordo un amico, un medico, ci conoscevamo da anni. Lo abbiamo curato perfino con esasperazione perché non lo volevamo perdere. Stava attaccato a un respiratore artificiale, altrimenti sarebbe morto, era la metà degli anni Settanta e già allora la tecnica dava queste possibilità. Parlavamo ogni giorno e una volta, lo sguardo fermo, mi ha detto: io non posso più vivere senza questo respiratore, perciò ti prego, staccami».
E lei, don Verzé, cosa fece?
«Era molto presto, le sette del mattino. Piangendo dal cuore dissi: staccatelo». Don Luigi Verzé, 86 anni, fondatore dell'ospedale, del centro ricerche e dell'Università San Raffaele, indica il grande Crocifisso ligneo del Trecento che domina il suo studio: «Lo hanno fatto morire, certo. Ma Lui poteva scendere dalla Croce e invece si è lasciato morire: per amore». Oggi l'Università Vita-Salute conferirà al cardinale Carlo Maria Martini la laurea
honoris causa in Medicina e Chirurgia nel nuovo corso «Medicina Sacerdozio». Proprio il cardinale Martini, nel «dialogo sulla vita» con Ignazio Marino, sull'Espresso, aveva riflettuto intorno alle «zone grigie» aperte dal progresso scientifico. «Dalla mia esperienza ho capito che le zona grigie esistono, Martini ha ragione».
L'eutanasia è una di queste?
«Per come se ne discute, spesso è un falso problema: diverso è "lasciar" morire e "fare" morire. Tenere in vita una persona a tutti costi è ostinazione, non conservazione della vita. Se una persona vive così, solo grazie alle macchine, e chiede lucidamente di essere staccata, io credo che farlo possa essere un atto d'amore, un gesto cristiano. Non è eutanasia. È essenziale anche l'atteggiamento del medico».
In che senso?
«Il mio amico era lucido. Un sant'uomo, cattolico. A me ha inflitto un grandissimo dolore, però non me la sono sentita di non dire: basta. Ero consapevole dell'impotenza mia e della scienza. Ecco: un conto è riconoscere la propria ignoranza come medici; un altro è arrogarsi il diritto di decidere quando uno deve morire. Penso a quando non appare la coscienza, come nel caso Terry Schiavo: non ho diritto di lasciar morire una persona che non può esprimersi».
E il testamento biologico?
«Non posso accettarlo perché di fatto viene dettato dal medico. Questo è l'errore, lo spiegherò al mio amico Veronesi. Del resto nessuno può mettersi nei panni di se stesso quando si dovesse ammalare né sapere come reagirebbe alla sofferenza, è un atto di superbia. E poi cosa ne sappiamo di dove sarà la scienza in futuro?»
Quindi come si fa? Pensiamo al caso Welby...
«Non conosco il caso di Welby. Dipende dalla persona: temo sia impossibile definire una legge su questi casi, una sorta di prepotenza. Difficile è anche stabilire cos'è l'accanimento terapeutico: siamo nella "zona grigia". Allora bisogna educare la gente alla responsabilità».
Ovvero?
«Al San Raffaele ci confrontiamo ogni giorno con i limiti, li tocchiamo. La Chiesa fa benissimo a porli e a difendere la vita, sia chiaro. E io odio la morte, non riesco neanche ad ammazzare una mosca. Però non fisso mai dei limiti ai ricercatori: chiedo loro di essere responsabili. Se uno vuole sperimentare sugli embrioni gli dico: attento a non ucciderlo. Chiedo di calcolare i rischi con saggezza. I limiti sfumano, all'inizio molti pazienti sono morti dopo i trapianti e la Chiesa era contraria, ma oggi le cose sono cambiate».
Ma cosa vuol dire «essere responsabili»?
«Questo è il senso del corso "Medicina Sacerdozio". Nessuno è sacerdote se non è medico, nessuno è medico se non è sacerdote. Ci siamo posti come programma lo studio di che cosa è l'uomo per arrivare a rispondere alla domanda: chi è l'uomo? La svolta è prendere in cura l'uomo come quella sintesi di corpo, intelletto e spirito che fa di lui in ogni caso, anche il più miserabile, l'immagine di Dio. Ma per questo bisogna che le culture dialoghino, la cultura è la sola superpotenza: non a caso il San Raffaele comprende un polo umanistico e uno scientifico».
Cosa manca oggi?
«Lo studio, un'educazione al senso della sofferenza e della morte. Parliamone in maniera laica: morire con dignità è una dimostrazione di come si è vissuti. Ma tutto questo è frutto di una educazione. Una resa alla propria morte può essere anche un abbandonarsi alla volontà e all'amore di Dio. Io spero che il mio morire sia così: un abbraccio fisico con Dio. Penso a una signora anziana, distinta, che soffriva da tempo nel proprio letto e continuava a ripetere: "Oh Signore fammi morire..". Poi mi guardò e disse: "Dì al Signore che mi prenda, io non riesco a morire"».
E cosa accadde?
«Una persona che era accanto a me si avvicinò, le diede una carezza, e la signora morì. Si è spenta così, in quell'istante: aspettava un atto d'amore».
(tratto da http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cron ... cchi.shtml)

Ho messo in rosso le motivazioni che l'hanno spinto a quel gesto, e, in fondo, due frasi sulle zone grigie e sui limiti che sfumano. Pensiamoci: i pazienti morivano in seguito ai trapianti e la Chiesa era contraria, poi le cose sono cambiate. Oggi si fa, e quante vite vengono salvate! Io sono a favore dell'eutanasia, ma ammetto che questo è un punto che non avevo considerato: e se staccassimo oggi la spina a uno che domani sarà curabile?

Resta comunque il fatto che un cattolico come Don Verzé, che SA cos'è la sofferenza, dato che la vede tutti i giorni, accetta la possibilità di staccare la spina come atto di misericordia. E credo che il suo parere, in questo caso, abbia un peso enorme.
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Tu vedi delle cose e chiedi: perché? Ma io sogno di cose che non ci sono mai state, e che forse non ci saranno mai, e dico: perché no?
--- Wolfgang Güllich

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Post by FdD_Leviatano » 13/10/2006 23:07

Mmmm bisognerebbe valutare caso per caso. E cmq la volontà del paziente, se lucido, andrebbe sempre rispettata. Sul lettino a soffrire c'è lui, e noi non possiamo permetterci di prendere decisioni quando a soffrire sono altri. Troppo comodo, fare i moralisti con al sofferenza altrui ...

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