Io ripropongo questo post di 4 anni fa, fatta da una persona che è stata assassinata. Secondo me la pena di morte anche in casi come questi non deve essere fatta, e non bisogna abbandonarsi al senso di vendetta e agli istinti più bassi. Una volta che qualcuno è morto lo rimane, non ci sono possibilità di tornare indietro, e visto che è abbastanza tragico un delitto in cui qualcuno muore, non è meno tragico una punizione che prevede lo stesso tipo di delitto.pot wrote:Sul caso specifico, al di là del gesto terribile, vedo una malattia dei media che mi fa vomitare...![]()
Per quanto riguarda la pena di morte, c'è un piccolo non irrilevante dettaglietto: non torni indietro. Chi, e a che prezzo, prenderebbe la responsabilità di uccidere qualcuno in nome della giustizia? "Ops, ho sbagliato." Un po' come quel medico che si accorge di aver amputato la gamba sbagliata, caso successo da noi. Poi cosa fai? Metti il nastro adesivo? Un paio di chiodi per tenere insieme alla bell'e meglio?
Non lo ritengo un rischio accettabile in una società che comunque offre mezzi d'emarginazione per i ritenuti irrecuperabili differenti. Anche lì, uno che si ritrova dopo trent'anni in carcere a sostenere la sua innocenza, che finalmente gli vien riconosciuta, ha perso metà della vita. Ma almeno non tutta.
Altro lato della medaglia: le cosiddette "ricadute". Se uno è criminale, lo resta a vita, è pensiero comune. Come quello che una volta beve e fa un incidente, non deve assolutamente mai più poter guidare perché è necessariamente un pericolo perenne. Pentirsi di un gesto e agire di conseguenza è normale. Perché non dare la possibilità a un colpevole di redimersi come da natura umana?
Poi abbiamo i malati, psicopatici... Qua non mi pronuncio. La psicanalisi non è una scienza esatta. Non la reputo mezzo sufficiente di giudizio. Semplicemente per chi si rivela particolarmente violento o ripetuto, la pena si aggrava così tanto che il problema di un'eliminazione definitiva si pone solo in termini ridotti.
Nonostante questi due pensieri puramente pratici, c'è una ragione morale per cui non accetto la morte imposta. Ci sono situazioni in cui una persona ha motivi superiori per cui deve scegliere per un'altra. Ma sulla vita no. Non è una cosa che si può ristorare in alcun modo. Un briciolo di razionalità porta necessariamente a questa visione della vita. Solo che, fomentanti giornali e televisione, la rabbia rinchiude quella parte del cervello, nella quale risiede il buon senso, in un angolino buio.
Mi ha fatto un certo effetto rileggere questo post anni dopo. Ma lo trovo che quello che è successo dia solo forza a questo pensiero.