Shauron
Ma quanti, se fossero nei pani di un dirigente d´azienda, assumerebbero a pari abilità una donna invece che un uomo?
Obbiettivamente l´uomo può rendere di più, non ha alcuna possibilità di ingravidarsi ( almeno si spera) ed è "più forte".
Dalla mia esperienza personale, le donne rendono MOLTO più degli uomini, nei lavori di ufficio. Le impiegate sono più precise, ordinate e puntuali e cazzeggiano MOLTO meno. Se devo sostituire il pc di un uomo, sul vecchio pc trovo filmati porno, giochi e giochini, software non autorizzato e che comunque poco ha a che vedere col lavoro, e una cronologia di internet pari a…. internet. Sul pc di una donna trovo veramente pochissima roba non lavorativa, al massimo qualche cartella di foto del nipotino, mail e Facebook.
Poi le segretarie: dietro ogni grande manager c’è una segretaria con le palle che gli organizza la giornata dalle otto del mattino a mezzanotte, occupandosi di TUTTO, anche della consegna della biancheria pulita.
Per contro le donne sembrano avere più problemi a lavorare in team. Metti otto uomini a lavorare insieme in una stanza e te li trovi che escono insieme anche la sera per una birra, otto donne in una stanza e via di pettegolezzi, ripicche, critiche, quando non si prendono per i capelli.
E ai posti di comando (ritrovandosi in mezzo agli uomini) soffrono della sindrome del “devo dimostrare”, con risultati del tutto opposti.
Sono comunque sicuro che se la nostra classe politica fosse composta al 90% di donne (politiche vere, non igieniste dentali) la politica funzionerebbe molto meglio.
Beavis
Cmq quando vedrò una donna muratore, una imbianchino e una idraulico comincerò a credere nella parità dei sessi... troppo comodo voler fare l'avvocato e il manager e sentirsi pari agli uomini
Poi anche quelle che fanno il nostro medesimo lavoro ad ogni minima cosa complicata arrivano da noi e sbattendo le ciglia "mi aiuti?" e tu devi aiutarle, non tanto perchè è gnocca e ti fa effetto lo sbattimento di ciglia, ma perchè se non lo fai tutti pensano "ma guarda che stronzo che non aiuta una donna"
Ma dai! Mi unisco a Mano: davvero credi che le donne siano in condizione di parità?
Davvero ritieni che adesso “siamo noi il sesso debole” ?
Lungi da me dall'apparire un femminista ma la disparità è tale che se io fossi una donna sarei incazzata dal mattino alla sera.
Ciò che rovina la lotta alla parità, purtroppo, sono le donne stesse, con atteggiamenti che danneggiano tutta la categoria e polverizzano ogni piccolo passo avanti.
Pensa solo alla televisione italiana, al ruolo che le donne hanno accettato e poi sposato a tutti gli effetti.
Mi ricollego a un articolo di
Lidia Ravera.
Lidia Ravera è una scrittrice tosta, di quelle che non accettano compromessi.
Ecco un suo vecchio editoriale
Velone?
Ravera | Lavori in corso | 18 Settembre 2010 | 701 letture
Le ho viste soltanto e sempre a Blob, le “velone”. Sono donne anziane e invecchiate male. Stereotipi viventi del peggio dell’età. Ballano e si atteggiano come veline. Grate di far ridere,forse inconsapevoli di far sentire chi guarda superiore a chi è guardato. Si sentono superiori tutti e tutte, alle Velone. Quelle giovani e brutte. Quelle vecchie e belle. Quelle dignitose. Quelle intelligenti che se ne fregano. Quelle che non cedono all’esibizionismo, al bisogno di farsi vedere.. Curiosamente Antonio Ricci, che non è uno stupido, mi ha chiesto, la settimana scorsa, attraverso il mio agente, di partecipare alla finale della trasmissione, in qualità di giurata. Non so perchè l’abbia chiesto a me. Deve avermi letta, di tanto in tanto…
Ha detto che mi stima.Io ho, ovviamente, rifiutato. Anche se mi concedeva una posizione critica. Anche se offriva una cifra, per me, molto alta.
Vorrei che quella trasmissione fosse oscurata. Provo pena per le signore che partecipano a quel piccolo gioco crudele. Pena. Penso che Antonio Ricci, che è una persona parecchio creativa, dovrebbe inventarsi qualcos’altro. Magari una sfilata di uomini buffi o tristi o vecchi o grassi …che ballano e fanno pernacchie…ridere un po’ anche su di loro? O magari niente di quel genere. Altro… Qualcosa che non ispiri, alla fine, soltanto pena e vergogna. Qualcosa di umoristico. Che non rimandi con questa violenza alla miseria del nostro tempo.
Ed ecco il suo articolo di ieri su
Il Fatto Quotidiano
Parlare di sesso non è scabroso
Oggi, ed è un uggioso martedì di novembre, verrà qui, a casa mia, una certa Katiuscia, con un operatore e una telecamera. Dalla voce nel telefono direi che è giovane giovane. Deve registrare, con me, una lunga intervista per una nuova trasmissione de La7:
“Maleducaxxion”. Donne in sala, donne in salotto. Talkshow femminile. Il tema mette i brividi: la sessualità. Dice: mi parli del sesso e della sessualità in generale (la Katiuscia). Chiede: perché parlare di sesso è ancora scabroso? Perché le donne non riescono a dire la parola orgasmo? Perché dicono: ho fatto l’amore invece di dire ho fatto sesso? Com’è che una donna realizzata e sicura di sè è inorgasmica? E’ colpa degli uomini? Vorrei prepararmi, perché la televisione mi costa e mi pesa, ma quando accetto preferisco fare le cose bene che arronzare. Però…
Dopo Freud non è tanto facile dire sesso a cuor leggero. La vita sessuale non è soltanto una attività cosciente, la nozione di vita sessuale, di vita libidica, ha anche una dimensione inconscia, che risale all’infanzia. Siamo tutti, uomini e donne, condizionati profondamente da occulte geometrie, da desideri inconsci, da vissuti infantili e forse addirittura prenatali.
Certo: il fine originario della sessualità è un fine di godimento, e Lacan dettaglia: “ciò a cui il godimento conduce non ha nulla a che fare con la copulazione nella sua finalità di riproduzione”, ma non si può farla troppo facile.
Le donne l’hanno conquistato con grande ritardo il diritto ad una sessualità intesa come godimento.
Grazie al dottor Pinkus che, inventandosi una certa pillolina, ha sdoganato il sesso dalla procreazione.
Come potevano aver voglia di fare sesso esseri umani che, ad ogni relazione sessuale, rischiavano una gravidanza? Soltanto quando si sono emancipate dall’obbligo riproduttivo le donne hanno incominciato a non considerare più il rapporto sessuale come un obbligo, un azzardo, una fatica, una catena che le legava al loro destino.
Il femminismo è stato il primo movimento culturale e politico a riflettere sulla sessualità. Femminile e non.
Scrive Carla Lonzi: il sesso femminile è la clitoride. Il sesso maschile è il pene. Scrive che l’orgasmo le donne non lo raggiungono attraverso la vagina, che la vagina è deputata a raccogliere il seme maschile e, eventualmente, esserne fecondate. La donna non gode procreando, l’uomo sì: il momento in cui il pene dell’uomo emette lo sperma, è il momento del suo orgasmo. La vagina è quella cavità del corpo femminile in cui, contemporaneamente all’orgasmo dell’uomo, si mettono le basi per il processo di fecondazione. Sarebbe bastato, caro Padreterno, sistemare la clitoride dentro la vagina e non fuori. L’orgasmo sarebbe stato incluso nell’atto sempre e comunque, per le donne come per gli uomini.
Ma non è stato così.
Nulla avviene per caso. Le donne, oggetto in certe culture, alla tortura dell’infibulazione, evidentemente, non lo devono provare il piacere. Per il loro piacere dipendono dall’abilità e tenerezze e empatia dell’uomo che può decidere di carezzarle in un certo modo e non semplicemente di dare l’assalto alla preziosa cavità.
Si è cercato di far credere che le donne capaci di raggiungere l’apice del godimento senza la partecipazione della clitoride sono donne mature e le altre immature, o (peggio) maschili. Ed è stato un altro modo sottile di colpevolizzare la ricerca del piacere da parte delle femmine della specie.
Parlare di sesso, cara Katiuscia, non è scabroso.
E’ difficile. Perché sono duri a morire certi stereotipi.
Il sesso, oggi, te lo tirano dietro a casse.
Non si riesce neanche a pubblicizzare un’utilitaria senza utilizzare cosce nude e richiami sessuali e doppi sensi.
Una sessualità libera e serena, invece, è lontana anni luce dal nostro vissuto quotidiano. Dalla vita reale.
Una sessualità libera e serena presuppone che le donne non siano funzioni del desiderio maschile, ma soggetti del proprio.
Era questa l’educazione sessuale delle ragazzine degli anni ’70, una educazione al protagonismo femminile.
In piazza, all’epoca, fra migliaia di donne, si scandivano slogan come “col dito, col dito, orgasmo garantito”, si intendeva legittimare la masturbazione come una delle pratiche possibili del piacere sessuale.
Si intendeva darsi il diritto al godimento…
Un rivoluzione culturale capillare.
Il diritto femminile al piacere. 40 anni dopo ci ritroviamo circondate da signorine piacenti che si danno in cambio di soldi, carriere, status sociale, provini in tivvù. E’ in atto una regressione spaventosa.
L’unica differenza fra l’inibita ragazza di ieri e la spregiudicata ragazza di oggi, è che la ragazza di oggi ha cresciuto dentro di sé una pars maschile (anche grazie al femminismo) e può usarla per investire l’altra parte, quella femminile, la sua bellezza/giovinezza, e farla fruttare. Alcune veline e affini sono il magnaccia di sé stesse, hanno incorporato il loro protettore.
Le donne continuano a dire “fare l’amore” invece che fare sesso? Meno male. Le donne, così dicendo, non intendono vergognarsi del sesso, ma includerlo in una relazione. Se, come diceva Lacan, non c’è che l’atto sessuale per stabilire un rapporto fra i due sessi, diciamo che le donne sono interessate anche all’uomo, alla persona, e non soltanto al suo fallo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/11 ... ore/77176/